Aratura tradizionale a Mamoiada

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Barbaricina

Storie di gioghi e di buoi

Era da un po che non osservavo e fotografavo l’aratura tradizionale di un vigneto. Sabato scorso il mio sguardo fotografico si è posato nuovamente su questa antica pratica. Dato che dovevo fare qualche foto e il video per la Cantina Canneddu, ne ho approfittato.

Arare le vigne oggi è diventato molto più semplice grazie all’introduzione dei trattori. Ma in molte di queste per via dello spazio e della sistemazione dei filari, non è possibile. Ecco allora che corrono in aiuto loro, sos voes o su juvu.

Portare su juvu non è un lavoro per molti, ci vuole esperienza e come nel caso di Franco anche tradizione di famiglia. Ci vuole pratica e costanza, molta pazienza e conoscenza dei propri animali.

I buoi lo conoscono bene, lo ascoltano.

Grassiosu e Amorosu i nomi di questi splendidi esemplari, lo stesso nome che il padre aveva dato i suoi. Lentamente avanzano tra i filari eseguendo i suoi ordini.

Ziu Chiccheddu, il padrino di babbo, il padre di Franco.

Me lo ricordo ancora quando in periodo di aratura, lasciava i buoi nel cortile sotto casa. Allora non avevamo giardino, ci eravamo appena trasferiti.

Zannì…avvisava, e li sistema bene, assicurandosi che avessero anche l’acqua. Sarebbe tornato l’indomani mattina a prenderli per scendere a Berei e ‘Oddi’eddu. Qualche volta saltavo sul carro e facevo un po di strada sino alla sterrata sotto casa.

E mentre osservo quel giogo, che mi guarda impassibile, mi perdo nei ricordi.

Un po di pausa ed ecco che riprendono, affondano gli zoccoli nella terra. Passo dopo passo, filare dopo filare.

Ascolto i suoni del giogo e i richiami del suo padrone, il suono della terra.