Sardegnolo e Sartiglia studi e etimologia

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Barbaricina

Ricevo e pubblico volentieri questo piccolo saggio di Pietro Maccallini.

Non tutti sanno che i Sardi arricciano il naso, o addirittura si offendono, quando qualcuno, invece di chiamarli Sardi usa il termine Sardegnoli , che è anche italiano se riferito ad animali.  Sembra strano ma per loro sardegnolo vale ‘asino, asinello’ e non perché il nome è sentito come derivante dalla radice di Sardegna, ma perché esso indica direttamente l’animale asino, nonostante il fatto che il loro asino appartenga ad una razza particolare, piuttosto piccola, tipica della Sardegna. 

    Questa considerazione è secondo me molto importante perché dovrebbe escludere, appunto, la derivazione del nome in questione da quello della Sardegna. Anche se i Sardi quando ci riflettono, probabilmente non possono fare a meno di mettere in qualche modo in connessione le due parole, ma allora non dovrebbero offendersi: si offendono perché nella loro coscienza profonda non esiste nessun rapporto tra il sardignolu ‘asinello’ e la Sardegna, come invece avviene per l’etnico sardegnolosardagnolosardignolo usato in varie parti del continente. Nel dialetto sardo non si incontra un simile etnico ma solo sardu, che io sappia.  Questo fatto è, secondo me, una spia concreta dell’autonomia originaria del termine sardignolu ‘asinello’ rispetto al nome della Sardegna.

     Lo stesso ragionamento vale, secondo me, per il termine sardasardinache tutti collegano alla Sardegna (lat. Sardini-am), anche se non risulta che presso quell’isola il detto pesce sia particolarmente diffuso.  A rompere l’incanto basterebbe, secondo i principi della mia linguistica, il nome volgare sart-èllaindicante l’ ‘alzavola’, o il nome volgare sart-agn-òla riferito alla ‘sterpazzola’[1].  Il significato di questa radice sard- sart- doveva pertanto essere all’origine quello generico di ‘animale’, rispuntante anche nel sard-ign-olo ‘asino’ di cui si parla.  Dato il principio della composizione tautologica delle parole nella mia linguistica, la componente –ign-olo dovrebbe richiamare il lat. hinn-ul-u(m) ‘muletto, cerbiatto’ e il gr.ínn-os ‘muletto’, connesso con gr. όn-os ‘asino’ e col secondo membro di lat. as-in-u(m) ‘asino’. Il tutto incrociato con il lat. Sardini-a(m) ‘Sardegna’ naturalmente. Il suffisso –olo dovrebbe essere un normale diminutivo.

   Alla luce di tutto ciò io sarei del parere di interpretare la denominazione della famosa sart-iglia, corsa di cavalli che si svolge in diverse città della Sardegna, come indicante proprio una ‘corsa di cavalli’, una ‘sfilata di cavalli’ o una ‘cavalcata’. Il nome di una manifestazione così importante, e senz’altro risalente a tempi preistorici quando i cavalli, i muli e gli asini erano di vitale importanza per l’agricoltura, non può assolutamente prendere il nome dallo spagnolo sortija ‘anello’ riferito ai tondini (stelle) che i giostratori della sart-iglia debbono imbroccare.

   Infine, quanto ho detto sulla voce sarda sardegnolu ‘asino’ mi sembra possa essere confermato dal toponimo fiorentino Sardigna, esistente almeno dai tempi del Boccaccio (ma naturalmente la sua origine doveva essere remotissima), e che ora corrisponde al quartiere dell’Isolotto.  Era in passato una zona disabitata, brulla e soggetta ad impaludamento, appena fuori la porta di San Frediano lungo l’Arno, dove venivano buttate le carcasse di animali morti. Anzi, il letterato fiorentino Paolo Minucci (sec. XVII) nelle Note al Malmantile racquistato, poema eroicomico di Lorenzo Lippi, parlando della Sardigna di Firenze precisava “[…] luogo fuori delle mura di Firenze, così detto pel fetore che quivi sempre si sente, a causa delle bestie del piè tondo, che morte si fanno in quel luogo scorticare […]”.  E la precisazione viene ripresa nel vocabolario Treccani, presente in rete, quando si osserva che in quella località di Firenze si gettavano carogne di cavalli, muli ed asini: tutti i solidungoli (bestie del piè tondo), dunque.  Mi pare strano che non vi si gettassero anche le carcasse dei bovini, ad esempio.  La località fiorentina prendeva il nome Sardigna, secondo il parere comune, da quello dell’isola della Sardegna la quale, in passato, andava soggetta alla malaria in alcune sue zone. Ma perché arrivare fino in Sardegna se nella stessa penisola esistevano le così dette Paludi Pontine, vasto territorio malsano nel Lazio bonificato da Mussolini?  

   Il problema fondamentale, a mio avviso, soprattutto quando si tratta di spiegare i toponimi, è sempre lo stesso:  ogni radice ha un significato originario molto generico, da cui si dipartono, nel corso dei millenni, specializzazioni quasi irriconoscibili.  In latino, ad esempio, esisteva anche il raro verbo sard-are ‘comprendere’.  Io suppongo, ma solo in linea teorica, che la radice in questo caso avesse acquisito il significato di lat. co(n)-nectĕre ’intrecciare, collegare, connettere’, e lo desumo dalla voce sard-ara (vocab. Devoto-Oli) che indica un tipo di rete da pesca per catturare magari le sarde.  Ma il nome doveva aver avuto, all’origine, il significato generico di “rete”, cioè di “fili intrecciati insieme”. La sardana in Catalogna indica infatti una vivace danza in cui i partecipanti si tengono per mano in circolo, cioè restando come intrecciati tra loro.


[1] Cfr. Devoto-Oli, Vocabolario illustrato della lingua italiana, editore Le Monnier, Firenze, 1967.      

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