“Sagre e sagrette” annullate in Sardegna

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Barbaricina

Si prospetta un’estate all’insegna dell’Austerity

Un male o un’opportunità per rivedere il modello turistico sardo?


Questa è’ una domanda che in realtà mi sono sempre posta.

Possibile che non ci sia un’alternativa alle banalità sbandierate nelle feste estive?

La Sardegna a partire dal mese di giugno si trasforma in un’immensa terra di improbabili mercatini e cianfrusaglie, un pullulare di dubbie iniziative tutte volte a pubblicizzare una fantomatica identità sarda.

La nostra isola si trasforma in una sorta di circo “tradizionale” spogliando le zone interne della loro identità per portala in giro per spiagge e sagre.
In ogni dove maschere etniche sbucano saltellano e muovendo campanacci come se non ci fosse un domani!

In realtà questa temporanea folklorizzazione dell’isola che porta sulle nostre coste il meglio della nostra tradizione isolana non è altro che un teatrino. Esso non fa altro che alimentare l’errata convinzione che noi sardi siamo ancora, come ci definì Cicerone, “mastrucati latrunculi” o ancora “pelliti testes”, cioè vestiti con le pelli!

E come contraddirli i nostri turisti?
Ebbene, bisogna chiederci se questo teatrino sia ormai cosa da archiviare e che invece sia giunta l’ora di immaginare qualcosa di diverso per la Sardegna.

Cosa resta al viaggiatore dopo aver visto una sfilata di maschere tradizionali? Spettatore della riproduzione di un rito che non capisce?

La domanda per un turismo di esperienze è sempre più forte e la concorrenza con altre destinazioni turistiche si gioca sulla base anche di altre componenti che non vanno trascurate.

Ecco che la motivazione del viaggio assume un ruolo rilevante che se non saputa intercettare rischia di lasciarci davvero a bocca asciutta, che valore può dare una rappresentazione decontestualizzata come i balli con i gonnellini di palma e il bikini di noci di cocco quando arrivano le navi da crociera in Polinesia, vogliamo questo? Vogliamo la sfilata dei mamuthones all’arrivo del traghetto?

La nostra isola che è nota per un turismo prettamente balneare si troverà gioco forza a rivedere il proprio modello turistico ed aggiungere anche alternative di valore alla spiaggia.

Anche culturali ma che siano autentiche e non delle scialbe rappresentazioni senza collegamento con la identità profonda. Emozionano ma non possono coinvolgere perché non sono autentiche.

Questa estate comunque spariranno e sono già state annullate, la maggior parte delle manifestazioni, concerti e ovviamente come ho detto prima, le sagre.

Persino S. Efisio la più antica, sentita ed autentica espressione di devozione della nostra cultura quest’anno si svolgerà come un tour solitario per le vie di Cagliari.

L’epidemia ha segnato uno stop importante che metterà in ginocchio l’intero comparto turistico della Sardegna.

Una conseguenza però sarà anche che gli assembramenti e le folle oceaniche che tanto piacciono, per l’errata convinzione che più gente c’è e meglio è, dovremmo scordarcele.
La paura di un ritorno dell’epidemia sarà un elemento ricorrente nei viaggiatori, almeno nell’immediato.

La paura verso l’altro, verso chi potrebbe contagiarci, sarà quella motivazione che farà scegliere ai vacanzieri una meta piuttosto che un’altra.
E comunque anche in destinazione privilegerà luoghi poco affollati.

E poco importa se ci saranno Maschere e Ballerini ad intrattenerli, vorranno qualcosa di più intimo e autentico.
E aggiungerei, più sicuro.

Ma a mio avviso questo periodo di pausa forzata che ci vede tutti coinvolti dobbiamo utilizzarlo per studiare, riorganizzarci e rivedere le nostre politiche. Potrà essere un’opportunità per reinventarci.

Le piccole realtà dell’interno potrebbero approfittarne per rinascere, se adeguatamente preparate e offrire un servizio di vera qualità con una accoglienza migliore, ma anche sicuro e perché no originale.

Da dove ripartire?

Intanto servono formazione agli operatori e idee fresche anche guardando a cosa fanno i nostri competitor.

Servono sicuramente iniziative di qualità e una maggiore attenzione verso le produzioni locali siano esse Artigianali che enogastronomiche.

Scrissi tempo fa un articolo proprio in merito alla crisi dell’artigianato in Sardegna (leggi qui), ridotto ad un fenomeno da baraccone in giro per gli stand delle varie feste paesane.

Questo dovrà cambiare, per forza.

Ecco che valorizzare le nostre produzioni e incentivare iniziative che mettano in primo piano proprio le attività identitarie, potrebbe essere una chiave vincente.

Staremo a vedere.

Nel frattempo, mi sa che il Costume tradizionale quest’anno resterà nei cassetti in attesa di una nuova vita.